Linee guida per la gestione degli Ungulati

Linee guida per la gestione degli Ungulati

Presentazione

L’evoluzione del popolamento degli Ungulati rappresenta senza dubbio uno dei più notevoli mutamenti del quadro faunistico italiano negli ultimi decenni. I profondi cambiamenti socio-economici, culturali e normativi intervenuti a partire dalla metà del secolo scorso hanno determinato condizioni favorevoli ad una progressiva riconquista degli antichi areali ed oggi gli Ungulati hanno rioccupato una parte consistente del territorio nazionale dopo che per almeno trecento anni l’azione dell’uomo aveva provocato la loro sostanziale scomparsa; essi sono tornati dunque a svolgere un importante ruolo strutturale e funzionale nelle biocenosi italiane, con indubbie ricadute positive anche per la conservazione di altri taxa, in particolare i grandi Carnivori.
Nel contempo è tornato ad instaurarsi il complesso rapporto tra gli Ungulati e la società umana, che ha radici antichissime e che si sviluppa in tutte le articolazioni del passato ma in un nuovo contesto ambientale e culturale. La percezione di una realtà faunistica che esce dalla memoria storica raramente segue un approccio olistico e razionale: di volta in volta, in dipendenza degli interlocutori e degli interessi immediatamente coinvolti, gli Ungulati sono visti come una risorsa, estetica o economica, o come fonte di problemi derivanti dall’impatto che la loro presenza determina sull’agricoltura, i boschi e la sicurezza stradale. Purtroppo l’approccio seguito e le decisioni prese in sede locale troppo spesso non sono supportati da dati raccolti in maniera obiettiva e convenientemente elaborati. Basti pensare al fatto che solo poche amministrazioni sono in grado di presentare un quadro costantemente aggiornato e georeferenziato dei danni causati dagli Ungulati alle produzioni agricole basato su stime oggettive e tecnicamente convincenti.
Non v’è dubbio che la conservazione dei grandi erbivori selvatici, intesa nel senso più ampio del termine che include anche la gestione attiva attraverso il prelievo, rappresenta oggi una delle attività più rilevanti per gli organismi gestori e che le loro scelte di carattere normativo, programmatorio ed
operativo debbano essere fondate su solide basi scientifiche e tecniche. Le linee guida che qui presentiamo sono state redatte per ottemperare a questa esigenza.
Sin dalla metà degli anni ’80 l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (più recentemente confluito nell’ISPRA) si è occupato di biologia e conservazione degli Ungulati, dedicando una parte consistente della propria attività di ricerca a questi mammiferi attraverso studi di sistematica e filogenesi (su base sia morfologia sia genetica) e di eco-etologia, con particolare attenzione all’uso dello spazio e dell’habitat e alla dinamica delle popolazioni e non trascurando la sperimentazione di sistemi innovativi per la loro stima quantitativa. Rispondendo alla necessità di far confluire in maniera organica ed omogeneamente strutturata le informazioni raccolte dagli organismi gestori periferici relativamente al monitoraggio delle popolazioni, ISPRA ha predisposto e costantemente curato una Banca Dati Nazionale dedicata agli Ungulati. Le conoscenze in tal modo acquisite, unitamente a quelle derivanti dall’esame della letteratura scientifica e tecnica internazionale, hanno permesso all’Istituto di svolgere il proprio ruolo di organismo di consulenza per lo Stato e le amministrazioni locali, come previsto dalla normativa. In questo contesto sono stati prodotti diversi documenti tecnici su singole specie e su diversi aspetti della gestione degli Ungulati, che vengono di volta in volta richiamati anche nel testo del presente lavoro come fonti di consultazione.

Una specifica pubblicazione ha riguardato il Cinghiale[1], specie che presenta problematicità ed esigenze gestionali particolari.

Queste nuove linee guida, dedicate a Cervidi e Bovidi, rappresentano una parte dei prodotti previsti dalla convenzione inerente il monitoraggio, la conservazione e la gestione degli Ungulati, stipulata fra l’INFS, oggi ISPRA, e il Ministero dell’Ambiente – Direzione generale per la protezione della Natura e del Mare. Esse costituiscono un aggiornamento delle indicazioni generali per la gestione degli Ungulati che vennero fornite dall’INFS nel 1992[2] e tengono conto non solo dell’evoluzione delle conoscenze acquisite negli ultimi due decenni sulla biologia delle diverse specie ma anche di un’analisi critica delle esperienze gestionali sin qui condotte.

L’approccio generale seguito non poteva che collocare le linee guida nel contesto dei principi di conservazione della fauna universalmente accettati e nel quadro normativo, internazionale e nazionale, che a questi principi si ispira. I costanti richiami alle norme vigenti sono dettasti dalla volontà di dare concretezza applicativa alle indicazioni fornite, anche se non si è rinunciato a sottolineare alcune incongruenze e a suggerire possibili miglioramenti.

Nella consapevolezza del ruolo fondamentale rivestito da questo aspetto, sono stati descritti i metodi disponibili per la valutazione della consistenza delle popolazioni, evidenziandone i limiti sia concettuali sia applicativi, allo scopo di orientare le scelte dei gestori in funzione dei diversi contesti faunistici ed ambientali e delle risorse umane ed economiche disponibili ma sempre nel rispetto degli assunti propri di ciascun metodo. In termini generali infatti l’imprecisione delle stime quantitative rappresenta un elemento critico per la conservazione delle popolazioni nel lungo termine e vi è la necessità di migliorare sensibilmente la qualità del monitoraggio.

Un altro elemento che ha ricevuto particolare attenzione è quello dell’organizzazione territoriale, la cui pianificazione rappresenta una fase indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi della gestione attraverso un processo di integrazione armonica dei diversi livelli decisionali ed amministrativi. Viene proposto un modello che descrive in maniera ordinata e dettagliata i contenuti degli strumenti di programmazione e le modalità con cui i relativi indirizzi debbono essere calati sul territorio in funzione del rapporto specie-ambiente, dando concretezza ai concetti di vocazionalità e densità obiettivo.

Un ampio capitolo è dedicato alla quantificazione del prelievo, alla sua ripartizione nelle classi demografiche ed ai periodi in cui dovrebbe essere esercitato in funzione delle caratteristiche di ciascuna specie ma anche del contesto ambientale ove si svolge, operando il miglior compromesso fra esigenze determinate dalle fasi biologiche e comportamentali delle specie e quelle di carattere pratico ed operativo, in modo da garantire le migliori possibilità di realizzazione dei piani programmati.

Diversi capitoli chiave, in particolare quelli dedicati alla gestione venatoria ed al controllo delle popolazioni, sono stati sottoposti ad una revisione critica da parte dei ricercatori e dei tecnici faunistici che maggiormente si sono occupati di biologia e gestione degli Ungulati a livello nazionale. I

loro contributi sono stati determinanti nel migliorare il testo, la cui formulazione finale rimane tuttavia il frutto delle scelte operate dagli autori, in particolare nel caso di alcuni temi dibattuti sui quali non si è registrata una posizione univoca.

Si è cercato di adottare un livello di approfondimento teorico degli argomenti trattati commisurato allo scopo della pubblicazione, che intende fornire un supporto soprattutto ai tecnici faunistici che operano nelle amministrazioni pubbliche (Ministeri, Regioni, Provincie ed Enti Parco) e negli istituti di gestione venatoria (Ambiti Territoriali di Caccia, Comprensori Alpini ed Aziende faunistiche) i quali posseggono generalmente una buona preparazione di base. Tuttavia la struttura del lavoro, articolata in capitoli tematici e schede di approfondimento di singoli argomenti, si presta anche a fornire informazioni ed indicazioni ad un pubblico più vasto (studenti delle scuole di specializzazione in scienze faunistiche, naturalisti, cacciatori, ecc.). 

Negli ultimi tre decenni la diffusione degli Ungulati ha avuto come conseguenza lo sviluppo di modalità di gestione basate sul principio della sostenibilità dell’utilizzo, nelle sue diverse forme, di questa risorsa naturale rinnovabile attraverso l’attivazione di un circolo virtuoso che parte dalla conoscenza, si pone obiettivi definiti e mette in atto tecniche e strategie in grado di raggiungerli. Benché questo processo presenti ancora lacune, discontinuità ed una diffusione disomogenea, esso ha rappresentato un indubbio elemento di crescita culturale per tutti coloro che a vario titolo ed ai diversi livelli sono stati coinvolti, con indubbie ripercussioni positive che non riguardano solo un uso ecologicamente compatibile delle popolazioni degli Ungulati, ma che investono l’approccio generale alla conservazione della fauna. Se queste linee guida contribuiranno a mantenere vivo questo processo e a migliorarlo, avranno svolto il compito per il quale sono state pensate. 

 

 

Silvano Toso